La riforma di Cassa Forense - l’aumento del contributo soggettivo: un costo per alcuni avvocati, un investimento per altri. Scopri che cosa è per te

Una delle principali novità introdotte  dalla riforma riguarda l’aumento del contributo soggettivo.
Dal 15% al 16% a partire dal 2024 e al 17% a partire dal 2026.
L’aumento dell’aliquota riguarderà tutti i professionisti (sia coloro che mantengono il sistema reddituale che coloro che passano al contributivo) ma non altrettanto può dirsi per i benefici che ne derivano in termini di importo della pensione futura.

Mi spiego meglio.

Il sistema retributivo calcola la pensione sulla base dei redditi prodotti dall’iscritto. L’entità della contribuzione viene decisa dalla Cassa in modo da garantire la sostenibilità nel tempo ma non ha effetto diretto sull’importo della pensione perché nel calcolo della pensione retributiva forense contano solo tre parametri:

 ❎ la media dei redditi
 ❎ gli anni di contribuzione
 ❎ il coefficiente di rendimento (deciso dalla Cassa e pari oggi all’1,4%).

L’importo della pensione è indipendente dai contributi versati: se aumenta l’aliquota di contribuzione ma i 3 parametri visti sopra rimangono invariati, la pensione non aumenta.

Cosa diversa è per il sistema contributivo in cui la pensione viene calcolata sulla base dei contributi versati, rivalutati negli anni.
In questo caso, un aumento della contribuzione produce automaticamente un aumento della pensione futura. Nel caso degli avvocati iscritti alla Cassa da meno di diciotto anni, l’aumento della contribuzione dal 15% al 17% si traduce in un aumento della quota di pensione contributiva di oltre il 12,5%.

E’ chiaro, quindi, che l’aumento della contribuzione non produce effetti analoghi per tutti i professionisti: per chi è in regime retributivo (iscritto da più di 18 anni) è un costo puro, posto che a fronte dell’ulteriore esborso di denaro non vi è alcun beneficio pensionistico; per chi è in regime contributivo (iscritti più giovani), invece, è a tutti gli effetti un investimento: le somme versate, infatti, vengono rivalutate e restituite sotto forma di rendita al momento del pensionamento.

L’elemento che certamente è presente in entrambi i casi è l’utilizzo obbligato di maggiori risorse finanziarie per la propria pensione.
In una situazione in cui la maggioranza dei professionisti lamenta già oggi il pagamento di contributi previdenziali troppo elevati, la nuova disciplina impone senza dubbio una maggiore attenzione alla propria finanza personale: all’analisi di come e di quanto si spende e alla comprensione degli obiettivi di vita veramente importanti che si desidera realizzare.

Si tratta di un lavoro importante che è in grado di regalare serenità futura.

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